Tenuto conto del disposto dell’art.2 Cost., per il quale la Repubblica tutela il cittadino sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, deve ritenersi che il divieto di detenere animali sia affetto da nullità.

Si tratta, del resto, di un diritto che gode da quasi venti anni di un esplicito e impegnativo riconoscimento normativo, in forza dell’art. 1, legge n. 281/1991, secondo cui: “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”.

Diverso è il discorso sulle immissioni di rumori originati dal latrare dei cani.

Premesso che nella vita in condominio, non può prescindersi da una fisiologica quota di sacrificio della propria tranquillità, va però sottolineato che l’intollerabilità delle immissioni di rumore sarà sanzionabile quando, avuto riguardo alla situazione concreta, le immissioni stesse eccedano dal criterio di c.d. “normalità dell’uso” per sconfinare nell’abuso delle proprie facoltà proprietarie, con compressione dei diritti altrui.

 

Ove tuttavia non si ravvisi un apprezzabile pregiudizio nell’utilizzo delle parti comuni, l’amministratore non sarà legittimato ad intervenire.

Nel caso dei rumori notturni non sembra che sia compromesso il godimento delle parti comuni, atteso che i rumori notturni disturbano la quiete e il riposo delle persone da un appartamento all’altro.

In altri termini le immissioni di rumore coinvolgono esclusivamente unità immobiliari esclusive, con ciò escludendo una legittimazione dell’amministratore ad intervenire, sia sotto il profilo della turbativa delle facoltà proprietarie, sia sotto il profilo della tutela del diritto alla salute personale.